A chi si rivolgono le cure palliative

A chi si rivolgono le cure palliative

A chi si rivolgono le cure palliative

Diverse definizioni di cure palliative, in base all’organismo di riferimento (IAHPC; OMS; ecc), sono state riportate all’interno della sezione dedicata alla cure palliative.

In particolare, quella proposta dall’ IAHCP (International Association for Hospice and Palliative Care) coglie l’evoluzione della disciplina ed evidenzia come i servizi di cure palliative non si rivolgano ormai più solamente ai pazienti affetti da “malattia terminale”, e tantomeno sono riservati solo al malato terminale di cancro. Oggi sono orientati ad una platea più ampia di persone affette da patologie non più guaribili e destinate ad evolvere fino alla fine della vita.

Prendiamo quindi a prestito alcune definizioni offerte dalla letteratura scientifica per provare a fare ulteriore chiarezza.

Definizione di malato terminale

Il National Council for Hospice and Palliative care Service WHO-OMS ha definito il malato terminale come:

Paziente affetto da malattia inguaribile con aspettativa di vita di circa 90 giorni, non più suscettibile di terapia specifica chemio-radio terapica o chirurgica con un indice di Karnofsky minore o uguale a 50.

Nota: L’indice di Karnofsky offre una scala di valutazione sanitaria quantificata tenendo in considerazione la qualità della vita del malato

Se dovessimo invece fornire una definizione di malato terminale che non contempli un orizzonte temporale (aspettativa di vita) dovremo definire il malato terminale partendo dalla sua patologia e dai relativi sintomi:

Persona affetta da una malattia cronica degenerativa, oncologica e non oncologica, che non risponde più alle terapie che hanno come scopo la guarigione dalla stessa, o un significativo prolungamento della vita, che porterà il malato alla morte in tempi non sempre prevedibili.

I sintomi del malato terminale 

La malattia terminale è caratterizzata da sintomi che possono essere ricondotti a due categorie principali:

  • sintomi fisici;
  • sintomi psichici.

Si parla di sintomi fisici quando vengono riscontrati nel malato terminale sintomi quali: perdita di autonomia, inappetenza, dolore, nausea/vomito e fatica a respirare.

Stati di confusione, agitazione o sopore sono invece riconducibili a sintomi psichici.

Il malato terminale ha quindi bisogno di una medicina centrata non sulla malattia, ma sulla presa in carico globale della persona, con lo scopo di aumentare o preservare la migliore qualità di vita possibile fino alla fine.

Definizione di inguaribilità

Inguaribilità: stato clinico derivato dalla progressione di una patologia cronico-degenerativa per la quale ogni terapia farmacologica, chirurgica od ogni altro intervento non è più in grado di modificare positivamente lo stato e l'evoluzione della patologia stessa che condurrà, in tempi non sempre prevedibili, verso una morte prevista.

(ASSR – Ricerca sulle Cure Palliative finanziata dal Ministero della Salute ex art.12 D. Lgs. 502/92 - Glossario di riferimento in cure palliative, 2003)

Naturalmente le persone malate hanno bisogni diversi in tempi diversi e le loro necessità corrispondono a differenti tipologie di assistenza. L’esperienza e le competenze acquisite consentono alle equipe di valutare la complessità dei bisogni e di modulare l’intensità e la tipologia di assistenza in base ai bisogni del malato e della fase di malattia che sta affrontando.

Fine vita: cos’è

Quando si parla di “fine della vita” nel contesto sanitario e normativo ci si riferisce ad una tematica concettuale piuttosto che ad un vero e proprio periodo. Il riferimento temporale “fine” attiene al periodo più avanzato di una patologia progressiva che non ha possibilità di guarigione, ma accostandolo al concetto di “vita” apre a nuovi scenari. L’ultima fase della vita è infatti caratterizzata da sintomi e segni specifici la cui individuazione, se tempestiva, consente di implementare quei cambiamenti che permettono alla persona malata di raggiungere una buona qualità del vivere e del morire e ai suoi familiari di affrontare più serenamente questo periodo.

Legge sul fine vita

Nel 2017 una legge nazionale ha finalmente messo ordine in merito ai diritti e ai processi che riguardano le decisioni relative al fine vita in Italia. Si tratta della Legge n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”. Oltre a tutelare “il diritto alla vita, alla salute, alla dignità…” come riscontrabile nell’art. 1, questa norma apre anche ai concetti di autodeterminazione e rifiuto dei trattamenti sanitari (consenso informato). La legge sul fine vita fa inoltre leva su alcuni concetti fondamentali e mutuati dall’esperienza delle cure palliative:

  • Informazione: ognuno ha diritto di conoscere il proprio stato di salute;
  • Rapporto medico/paziente: la legge 219 promuove e valorizza la relazione di cura tra medico e paziente anche e attraverso la pianificazione condivisa delle cure. Stabilisce inoltre che “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura” [Art. 1 – comma 8]

La legge sul fine vita, per quanto attiene al concetto di autodeterminazione, ha introdotto nell’ordinamento italiano anche le DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) attraverso le quali un individuo può “esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari” [Art. 5 – comma 1]. Attraverso le DAT l’interessato può inoltre indicare un fiduciario che “deve essere una persona maggiorenne e capace di intendere e di volere” [Art. 5 – comma 2].

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