Il 5x1000 aumenta e insieme crescono i servizi dell’Hospice di Abbiategrasso
Da pochi giorni sono online gli elenchi dei contributi del 5x1000 relativi alla dichiarazione dei redditi 2017. L’Hospice si colloca ancora al primo posto tra gli enti di Abbiategrasso e, in questa speciale classifica nazionale, occupa la posizione n° 144. Un risultato notevole se si raffronta al numero di organizzazioni che rientrano in questa categoria come beneficiari, 14.000 realtà distribuite su tutto il territorio nazionale. Abbiamo incontrato Luca Crepaldi, responsabile della raccolta fondi e della comunicazione dell’Hospice, per comprendere meglio questo risultato.
Ciao Luca, sei soddisfatto di questo risultato?
Molto, anche se le mie previsioni stimavano una crescita di poco superiore. Avevo valutato il trend degli anni scorsi e calcolavo di arrivare a circa 6.000 destinazioni. Invece siamo leggermente sotto, anche se analizzando le performance degli altri non abbiamo di che lamentarci.
A cosa ti riferisci di preciso? Parli di altri enti del territorio o di un andamento generale?
Entrambi. Ho fatto un’analisi comparando due aspetti diversi che riguardano la nostra realtà: enti che fanno il nostro stesso lavoro e organizzazioni che operano nel nostro territorio. Il primo ha a che fare con le principali realtà italiane che svolgono attività nelle cure palliative e il secondo raggruppa i primi tre enti del territorio (Abbiategrasso, Magenta e Vigevano) che compaiono prima nell’elenco del 5x1000. E i risultati sono incoraggianti ma devono anche far riflettere.
Puoi dirci di più?
In pratica nel nostro settore si registra una contrazione nel numero di destinazioni. Sono pochi gli enti che in questi anni sono cresciuti come noi. Devo precisare che parlo di aumento percentuale delle destinazioni e non di importi, perché questo è un altro capitolo. I dati ci dicono che dal 2006 l’Hospice di Abbiategrasso ha quintuplicato il numero di persone che fanno questa scelta. E nel nostro settore, almeno tra le 10 più importanti organizzazioni, nessuno ha avuto questo tasso di crescita. Nel territorio, invece, l’analisi ci fa capire una cosa: gli altri calano, mentre l’Hospice guadagna fiducia. Senza proporre paragoni, il dato economico dice che l’Hospice da solo raccoglie oltre 180.000 euro mentre le altre 26 associazioni con sede ad Abbiategrasso o Magenta ottengono complessivamente circa 260.000 euro. Il nostro è davvero un bell’attestato di stima della popolazione.
Perché questi dati dovrebbero farti riflettere?
Per due ragioni: la prima riguarda le performance delle organizzazioni e la seconda ha a che fare con gli investimenti. Nel primo caso, trasversalmente al territorio e al settore delle cure palliative, si nota un aspetto cruciale: alcune organizzazioni crescono in modo uniforme mentre altre calano o hanno un andamento altalenante. Ciò potrebbe significare che non hanno costituito una vera e propria base di donatori, potremmo chiamarlo “zoccolo duro”, e quindi hanno bisogno di un assestamento. Chi aumenta, come noi, lo fa in modo graduale e costante negli anni. Ma inevitabilmente questa riflessione si lega anche agli investimenti. So per certo che alcuni di questi enti hanno destinato una parte delle risorse ricavate dal 5x1000, come facciamo noi, in attività di promozione. Forse però si tratta di un investimento poco organico, che non abbraccia una pluralità di fonti.
Hai un gruppo di donatori molto fedele. È tutto merito della comunicazione?
Certo che no. La raccolta fondi funziona perché gli operatori dell’Hospice lavorano bene, con professionalità. Permettimi una metafora per capirci meglio. Immagino il fundraising (raccolta) come l’esito di un processo che parte dalla semina. Le competenze e la passione dei nostri professionisti sono i semi attraverso i quali si giunge alla coltivazione, alla maturazione e infine alla raccolta dei frutti. Io mi occupo di organizzare “la bancarella” di frutta e verdura, facendo conoscere l’attività quotidiana e i risultati del lavoro. C’è tanta comunicazione alle spalle che spazia nei contenuti e che comprende anche tutto il processo di donor care (cura del donatore) che, se ben strutturato, genera ancora più fiducia. Tutto questo è più semplice quando a monte c’è un contadino che lavora molto bene.
Hai parlato di donatori, tanti, che vi supportano. Scusa l’impertinenza, ma non vi basta il contributo del 5x1000?
Magari! Purtroppo non è così, al momento abbiamo un fabbisogno, frutto del disavanzo bilancio, che si aggira intorno ai 400.000 Euro. Circa la metà è coperto dal 5x1000 mentre la restante parte è stata, per ora, sempre colmata dalle donazioni di tanti generosi e da qualche lascito importante. Se cresciamo è grazie al contributo spontaneo delle persone a cui il nostro operato è rimasto impresso nel cuore e nella mente. A noi piace dire che l’Hospice non è nostro ma è un po’ di tutti quelli che hanno contribuito. C’è un pezzo di Hospice in ognuno dei nostri donatori.
Tanti quanti? E soprattutto: cosa ci fate con questi contributi?
I donatori nell’ultimo anno sono stati oltre 600 per una cifra che supera abbondantemente i 200.000 euro. Tutti questi fondi servono a finanziare l’attività istituzionale e i progetti innovativi. In particolare, tra le altre cose, oltre 100.000 euro vanno a sostegno dell’ambulatorio in Hospice e delle consulenze nei reparti ospedalieri. Attività che, voglio ricordare, eroghiamo gratuitamente solo grazie all’affetto e al sostegno di tanti cittadini del territorio, a cui va il mio grazie e il mio invito a continuare così.