Bettiman: il ricordo “mascherato” di Alberto (Betti) Venturi
“Vedi, in questa foto è vestito da puffo.” Ha gli occhi lucidi Patrizia mentre mi parla del suo Betti. È lei infatti ad averlo “sopportato” – questo me lo dice lei scherzando – per ben 14 anni. I primi, quelli intensi, spensierati e abbelliti dalle vacanze in moto. Ma anche gli ultimi, i più duri, gli anni e i mesi finali della malattia e del ricovero in Hospice. Per questo Patrizia e sua figlia Sara hanno deciso di ricordarlo con il Torneo di Calcetto “Holly & Bettiman” in programma domenica 17 febbraio alle 14.30 presso la palestra dell’Oratorio San Giovanni Bosco di Abbiategrasso. La manifestazione, giunta alla terza edizione, è aperta a tutti ma, per chi vuole giocare, occorre iscriversi contattando Pier del Bar Castello (in sede o telefonando al 3487130287).
Betti era una colonna del Bar Castello, è lui infatti che insieme a Pier Strazzeri ha reso noto a tutti questo angolo di Abbiategrasso. Alberto Venturi, l’affabile, cortese e sorridente ometto dietro al bancone, ma anche il lunatico e introverso marito che a tratti emerge dai racconti della moglie. È proprio Patrizia a raccontarmi le presunte “lune” che il suo Alberto manifestava a casa, protetto dalle mura della confidenza. Quando le chiedo “Com’era il Betti che non conosciamo?” è lei a rispondere “a volte anche lunatico, l’esatto opposto di quello che si vedeva in pubblico.” Ma in fondo è normale essere un po’ diversi, un po’ meno brillanti tra le parenti di casa.
Eppure Betti ha lasciato a tutti un ricordo positivo. Dalle ragazze che allenava a calcio fino ai clienti del Bar, arrivando anche ai tanti amici al di fuori di Abbiategrasso. Era un amante del vino ma non un bevitore. Amava i dolci, in particolare il tiramisù rigorosamente senza cacao, ma il suo dessert preferito era il the con i biscotti. Lusingava le clienti con frasi carine ma non ha mai dato modo a Patrizia di dubitare del suo amore. Un amore nato in modo curioso, mi dice lei, un colpo di fulmine avvenuto durante una donazione di sangue. Lui la vede, se ne innamora e sbianca (più per il prelievo che per il colpo di fulmine). Lei lo vede e da buona dama lo ignora completamente. Alberto non demorde, insiste e la conosce dando vita ad una lunga storia romantica i cui suoni riecheggiano ancora oggi.
Dopo questo preambolo, in cui si percepisce l’immutato affetto di Patrizia per il Venturi, è Sara che ci riporta sulla Terra con un paio di aneddoti divertenti. “Una volta io e lui siamo andati in moto in Svizzera a fare una gitarella. Durante il ritorno, alla dogana, dopo che Betti ha pensato di superare tutte le macchine in coda, i finanzieri ci hanno intimato l’ALT. Dopo il controllo dei documenti ci hanno trattenuto per colpa della mia nuovissima macchina fotografica che mi ero portata da casa. Loro erano conviti che l’avessi acquistata in Svizzera e ci è voluto un bel po’ per dimostrare che non era così. In tutto questo Betti non è stato di grande aiuto, dato che l’unica soluzione che aveva proposto era lasciarmi in dogana come “garanzia” per tornare a casa e prendere lo scontrino dell’acquisto. Però devo dire che era proprio paziente e non si è arrabbiato neanche quella volta che avevo invitato un’amica a cena e per brindare avevo stappato una bottiglia, una della sua collezione. Non lo sapevo, però avevo appena aperto una bottiglia da 200 euro che un suo amico gli aveva regalato. L’unico commento di Betti era stato “ma almeno era buona?”, ecco in sintesi chi era Alberto per me: una persona buona come il pane.”
Dopo questa chiacchierata mi sono fatto un’idea ben precisa di Betti: era una persona affabile e simpatica, per nulla riservato con le persone, ma all’occorrenza anche introverso. Era un uomo che amava mascherarsi ma nella vita non indossava maschere pirandelliane. E proprio questa sua passione per il travestimento ha fatto balenare nella testa di Patrizia e Sara un’idea folle: “quest’anno al torneo si gioca mascherati!”. Un’idea folle, appunto, ma coerente con quello che era Betti: un istrionico romantico!