Alberto Venturi continua a vivere grazie alle iniziative organizzate da Patrizia

Alberto Venturi continua a vivere grazie alle iniziative organizzate da Patrizia

Ha gli occhi lucidi Patrizia mentre mi parla. Lo dice con sincera commozione: “è faticoso entrare in Hospice, tutte le volte mi torna in mente Alberto”. Alberto è “il Betty”, alias Alberto Venturi, volto storico del Bar Castello e conosciuto da tutti in città. Anche oggi, a distanza di due anni e due mesi dal suo addio, il ricordo è più che mai presente e le iniziative in sua memoria, che si sono moltiplicate in questi anni, ne sono la più vivida testimonianza

02/4/2021 | Racconti ed interviste
Alberto Venturi continua a vivere grazie alle iniziative organizzate da Patrizia

Ciao Patty, grazie di essere qui. Con le tue iniziative in ricordo di Betti hai raccolto 1.600 euro. Che cosa hai realizzato in concreto?

La prima cosa che ho fortemente voluto è stato replicare il Memorial Bettyman che consiste in un torneo di calcetto non competitivo. Per l’occasione ho fatto realizzare delle magliette e altri gadget personalizzati che sono stati offerti in cambio di un contributo minimo. Purtroppo la concomitanza di altri eventi, come il carnevale, ha influito sulle presenze, che erano meno dello scorso anno, ma è comunque andata bene. Devo dire che le “sue ragazze”, quelle che allenava a calcio, erano molto soddisfatte dell’evento e molto divertite, proprio come facevano quando Alberto era con loro. Amava davvero divertirle e divertirsi insieme alle “sue ragazze” dell’Aurora Calcio.

Oltre a questa, c’è stata un’altra iniziativa?

Sì, ad aprile ho partecipato al mercatino dell’usato in fiera mettendo in vendita una serie di oggetti che erano appartenuti ad Alberto. Il pezzo forte della collezione è stata una moto d’epoca a cui lui teneva molto. Sono sincera, lui non avrebbe voluto venderla per nessuna ragione al mondo, ma sono sicura che per questo scopo avrebbe accettato volentieri. E poi mi dispiaceva vedere questa moto che si avviava ad un lento ma inesorabile decadimento. Così ho deciso di ricavare un contributo con la garanzia che il futuro proprietario saprà conservarla con il giusto rispetto.

Abbiamo scoperto alcune passioni di Alberto che non conoscevamo, ci sono altre cose che dobbiamo sapere?

Sicuramente non conoscete il suo lato più intimo, quello che io ho apprezzato negli anni che abbiamo condiviso. A casa era moto tranquillo e stanco a causa del lavoro. Quando era in giro, invece, era l’opposto. Una persona brillantissima e divertente. Per me e i suoi amici era il pagliaccio del gruppo, sempre allegro e con la voglia di scherzare. Aveva idee, amava coinvolgere tutti con iniziative diverse e si percepiva la sua voglia di far star bene le persone. Era anche molto generoso e mi aveva parlato spesso della volontà di fare volontariato una volta raggiunta la pensione. Purtroppo è mancata la cosa più importante: il tempo.

Ci sono diverse associazioni ad Abbiategrasso che svolgono importanti funzioni sociali. Perché hai scelto proprio l’hospice come beneficiario dei contributi?

In primis perché è stato curato nel suo ultimo periodo. Devo essere sincera, quando mi è stato proposto l’Hospice ero davvero intimorita. Non lo conoscevo e temevo di sentirmi abbandonata. Invece mi sono subito dovuta ricredere. Mi sono sentita veramente protetta e circondata di persone che facevano tutto il possibile per farci stare bene. In quei giorni ho sentito un tale trasporto emotivo che fatico a spiegare a parole e che di certo non cancellerò mai dalla mia mente. C’è anche un’altra ragione per cui faccio queste iniziative: il mio benessere. Si sente spesso parlare di “gioia del donare” e mi sento di confermare in pieno. Donare, sia un contributo economico sia un po’ di tempo con il volontariato, mi aiuta a stare meglio psicologicamente. Mi sento soddisfatta e orgogliosa nel sapere che anche grazie al mio aiuto l’Hospice prosegue nella propria attività.

Sei anche volontaria dell’hospice e per ovvie ragioni ti trovi spesso a dover entrare in struttura. Che effetto fa?

In realtà non sto a contatto con le persone malate, collaboro soprattutto negli eventi. Sinceramente è un’emozione fortissima tutte le volte e ancora adesso evito di passare dal reparto di degenza. Mi sento ancora troppo coinvolta emotivamente per vedere le stanze e aiutare le persone che le occupano. Diciamo che non sono ancora pronta, sicuramente c’è la voglia ma manca la forza emotiva per farlo.

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