Autodeterminazione del Paziente: dal significato alle responsabilità
Il tema dell’autodeterminazione ha un significato ampio e complesso che richiama ambiti estremamente differenti tra loro.
Si parla di autodeterminazione dei popoli in relazione al diritto di una popolazione di scegliere liberamente il proprio sistema di governo o di essere emancipata da ogni dominio esterno, in particolare riferendosi alla dominazione coloniale¹.
Esiste poi un principio di autodeterminazione del paziente e della persona che assume tutt’altro significato. In questo articolo ci concentreremo sull’accezione che il termine possiede in ambito sanitario ed in particolare sul concetto di autodeterminazione del paziente.
Autodeterminazione del Paziente
Per quanto riguarda la salute, l’autodeterminazione assume significato in relazione ai trattamenti a cui un paziente può essere sottoposto a seguito del suo consenso libero e informato (legge n° 219/2017).
L’idea che un paziente debba potersi autodeterminare affonda le sue radici nella Costituzione italiana. La Costituzione, pur non citando direttamente il concetto di autodeterminazione del paziente, fa riferimento, nell’art. 32, all’idea di “libera scelta” rispetto ai trattamenti sanitari a cui un malato può essere sottoposto. Nello specifico si legge: Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
Si parla invece in modo più puntuale di diritto all’autodeterminazione nella sentenza n. 242 del 2019 in relazione al delicato tema del suicidio assistito.
Diritto all’Autodeterminazione
Il diritto all’autodeterminazione individuale è ampiamente citato nella sentenza n. 242 del 2019 in relazione alle scelte sul fine vita ed in particolare al diritto di morire dignitosamente, richiamando il cosiddetto “suicidio assistito”.
Tra le motivazioni espresse dalla Corte Costituzionale si legge: “il divieto indiscriminato di aiuto al suicidio «finisce […] per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze”.
L’argomento era già stato ampiamente affrontato attraverso le pronunce della Corte in altri casi di notevole rilievo mediatico (si vedano i casi Englaro e Welby).
Il tema del diritto all’autodeterminazione resta tuttavia molto complesso anche in relazione alle implicazioni etiche che il dibattito suscita. L’entrata in vigore della legge 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) ha però contribuito sensibilmente a rendere effettivo il diritto all’autodeterminazione.
Autodeterminazione e responsabilità nella relazione di cura
Come anticipato, la suddetta norma n. 219 ha fatto chiarezza rispetto ai temi dell’autodeterminazione e delle responsabilità nella relazione di cura. La legge ha infatti valorizzato il tempo della relazione medico paziente quale tempo di cura, introdotto regole e principi riguardanti l’autodeterminazione attraverso le DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) e dato ampio spazio alla Pianificazione Condivisa delle Cure e al consenso informato.
Nella norma il concetto di autodeterminazione è esplicitato nell’art.1:
La presente legge […] tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
Restano tuttavia, nel panorama normativo, alcune zone d’ombra per le quali il Parlamento è stato più volte invitato a legiferare sia da pronunce della Corte Costituzionale, sia da iniziative popolari (proposte referendarie) poi giudicate incostituzionali.
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1 Fonte: https://www.treccani.it/enciclopedia/autodeterminazione